Risonanze

Un omaggio al Correggio nel Museo di Langres (Francia)

     Presso il Museo d’Art et d’Histoire di Langres, cittadina francese del dipartimento dell’Alta Marna, è conservata una interessante e poco nota tela registrata in collezione come Allegoria delle arti con il busto di Correggio (Allégorie des arts avec le buste de Correggio, inv. 931.73).

      In una raccolta simile, incentrata su artisti, storie e documenti prevalentemente locali, incuriosisce ritrovare un’opera che celebra il nostro Antonio Allegri, ritratto di profilo su una lastra marmorea a simil-bassorilievo posto sotto la protezione di una giovane personificazione femminile. Un omaggio al Correggio a Langres, dunque, a conferma di un riconoscimento da parte di amatori e collezionisti stranieri che aveva varcato da tempo i confini nazionali.

     Si tratta di un olio su tela di media grandezza (m 0,317 x 0,397) e apprezzabile fattura, entrato nelle collezioni del Museo come opera di Anonimo italiano e da assegnare, per gusto e grazia tipicamente settecenteschi, alla prima metà del XVIII secolo. Anno di acquisizione il 1872 [1], secolo in cui il mito del Correggio tocca uno dei suoi apici, perlomeno negli ambiti di matrice romantica.

     Da una comunicazione ricevuta personalmente dal responsabile dell’Inventario dei Musei di Langres, M. Soizic Bouchy-Le Strat, sappiamo che l’opera è stata sottoposta in tempi recentissimi ad un accurato restauro, come testimoniano le fotografie che presentiamo nell’attuale stato di conservazione [2].

1. Anonimo italiano della prima metà del XVIII secolo, Allegoria delle arti con il Busto di Correggio, olio su tela, m 0,317 x 0,397, Langres, Musée d'Art et d'Histoire, inv. 931.73, © Musées de Langres.

   La tradizionale lettura iconografica in chiave di “allegoria delle Arti” è condivisibile per la presenza di alcuni elementi consueti e ricorrenti: la parete architettonica di pietre squadrate sul fondo a sinistra, il busto virile di tre quarti, la tavolozza per i colori in primo piano, la lastra marmorea con l’effigie del pittore poco oltre.

    Altri dettagli distinguono l’opera per iconografia colta e tutt’altro che scontata, a cominciare dalla figura femminile a destra, identificabile con Minerva grazie agli attributi dell’armatura, della lancia e del Gorgoneion sul petto, cui si aggiungono l’elmo e lo scudo poggiati a terra in basso a destra.

    La dea è qui presente nel ruolo di Minerva-Saggezza, dunque come patrona delle Arti, delle istituzioni e delle scienze, figura benevola e portatrice di civiltà. Benché dea della guerra, essa non persegue sanguinose battaglie come invece accade ad altre divinità olimpiche, ma preferisce appianare dispute e tensioni. La dea fin dall’antichità è infatti associata anche al senno e alla sapienza, in quanto nata dalla testa del padre Zeus, scelta che giustifica la sua presenza in scena a tutela delle Arti vere e virtuose, qui degnamente rappresentate dal nostro Allegri nel bassorilievo dipinto.

   La giovane a terra, in atto di accogliere l’omaggio della lancia da parte della dea, mostra un vistoso medaglione barrato su campo arancione legato alla spalla, il cui riconoscimento araldico fornirebbe utili indizi sulla ricostruzione delle vicende storiche e iconografiche del dipinto. Un vezzo curioso è da segnalare: il caratteristico “piede greco” (o piede di Venere), della fanciulla a terra, dipinta con il secondo dito (illice) più lungo dell’alluce, un carattere considerato fin dall’antichità piacevole ed esteticamente attraente.

   Il nome “Coreggio” che accompagna il profilo a sinistra non lascia dubbi sul riconoscimento dell’effigiato, ma sarebbero sufficienti i caratteristici tratti fisionomici che la tradizione ci ha consegnato dopo la sua morte per identificarlo con sicurezza. Mi riferisco naturalmente alla memoria ideale tramandata alla fine del Seicento dall’incisione di Giovanni Francesco Bugatti (notizie 1676-1693) su disegno dell’artista milanese Giovanni Ambrogio Besozzi (1648-1706), in cui ritroviamo un uomo canuto, posto di profilo, con l’inconfondibile naso aquilino, in abiti dalla foggia religiosa. Nell’iconografia correggesca segnalata, che la tradizione fa derivare da un disegno attribuito a Carlo Maratta (1625-1713), il pittore trattiene nella mano destra un foglio raffigurante la Vergine col Bambino e san Giovanni Battista (Madonna del Latte).

2. Ritratto del Correggio, incisione di Giovanni Francesco Bugatti su disegno di Ambrogio Besozzi, 1650-1699 ca., bulino, 105 x 148 (inciso); 108 x 153 (impronta); 115 mm x 161 mm (foglio). © Hamburger Kunsthalle, Kupferstichkabinett, CC BY 4.0. L’iscrizione sottostante recita: “ANTONIVS DE ALEGRIS CORRIGIENSIS / natus circ(a) ann(o) 1492. obijt ann(o) 1534. 4. Non(as) Maij. / Adm(irabili) Reu(erendissimo) Patri D(omino) Sebastiano Restæ Congregat(ionis) S. Philippi Nerij / in deuoti animi signum d(edit) Io(hannes) Franciscus Buga-tus Mediol(anensis)"; più in basso a sinistra: "A. Besutius delin(eavit)".

     Corrado Ricci (1917), come noto, aveva suggerito di individuare la fonte iconografica in un dettaglio dell’affresco di Lattanzio Gambara realizzato nel 1570 circa nel Duomo di Parma in cui, “subito a sinistra di questa [della porta maggiore], si vede una figura d’uomo attempato, d’una sessantina d’anni, un po’ calvo, un po’ rugato, col naso aquilino e la barba scura, non molto lunga” [3]. 

   

3. Presunto ritratto di Correggio in Corrado Ricci, Il ritratto del Correggio, in “Rassegna d’arte antica e moderna”, XVII, 1917, fasc. 3-4, p. 61.

    Gambara avrebbe così mescolato il nostro ai personaggi sacri effigiati nella navata di mezzo: barba scura e non molto lunga, naso lungo e leggermente arcuato, fronte stempiata e aggrottata, come poi verrà riproposto nel ritratto inciso da Simone Francesco Ravenet e dato alle stampe nel 1781 [4].

    Il maestro del dipinto di Langres ci ripropone il profilo del Correggio con alcune varianti rispetto all’iconografia correggesca tramandata dall’incisione del Bugatti poiché ne ha eliminato attributi, abiti, tavolozza (persino parte dei capelli), riconsegnandoci un’immagine più severa, dall’aria meno sacerdotale, sicuramente più austera e filosofica. Un espediente interessante, utile ad accrescere l’autorevolezza della figura del maestro emiliano.

    L’opera conservata nel museo francese attesta e conferma, se mai ce ne fosse ancora bisogno, l’alta considerazione nella quale il Correggio era tenuto nel XVIII e XIX secolo, consacrato tra i grandi dell’arte italiana, nonostante “la desgraçia”, come ebbe a dire El Greco, di non nascere a Firenze.

Cristina Casoli

 

 

  1. “Tableaux de peintres inconnus, Ecole italienne, Allegorie, h. m. 0,31 x l. M 0,40. Acheté par la Société en 1872”, in Henri Brocard, Catalogue du Musée fondé et administré par la Société Historique & Archéologique de Langres, Langres, 1886, p. 131, n. 160. La “Société” citata responsabile dell’acquisto è la Société historique et archéologique de Langres fondata nel 1835.
  2. Un ringraziamento doveroso a M. Olivier Caumont, Directeur de la Culture, Conservateur des Musées de Langres e M. Soizic Bouchy-Le Strat, responsabile dell’inventario dei musei di Langres, per le gentili risposte e la concessione della documentazione fotografica dell’opera, prima e dopo il restauro.
  3. Corrado Ricci, Il ritratto del Correggioin “Rassegna d’arte antica e moderna”, XVII, 1917, fasc. 3-4, pp. 55-67, in particolare p. 61. Riccardo Finzi, Le sembianze del Correggio, Fabbrico (Reggio Emilia), 1954. Ritratto citato e riprodotto anche da Giovanni Mazzaferro, Ritratti disegnati a mano nelle ‘Vite’ del Vasari: nuove scoperte. Parte seconda, <https://letteraturaartistica.blogspot.com/2016/11/giorgio-vasari4.html> (2 novembre 2016).
  4. S. F. Ravenet, Il Correggio, bulino e acquaforte, p.f. 540 x 379, smarginata. Parma, coll. privata, in M. Mussini, Correggio tradotto, Milano, 1995, p. 288, n. 691.
4. Simon Jean-François Ravenet, Ritratto di Antonio Correggio, 1781, acquaforte, 569 x 399 mm, Londra, British Museum, 1837,0408.26, © The Trustees of the British Museum.