Ormai anziano, Jean-Étienne Liotard (Ginevra, 1702-1789) si ritrae mentre si stringe il mento con la sinistra, e ci guarda. Uno o due anni dopo questa incisione, il pittore pubblicò il suo Traité des principes et des règles de la peinture, Genève 1781. Il trattato, conclusione di una lunga vita di lavoro (e di viaggi), si apre con una dedica – breve, quanto incisiva – a un altro pittore, Correggio:
“Epistola dedicata allo spirito del Correggio. Divino Correggio, moderno Apelle, o mio maestro! …se il ricordo di un’arte che ti ha reso immortale è ancora importante per te, degnati di accettare quest’opera… È tutta tua… i tuoi inimitabili capolavori mi hanno dato le vere regole che intendo richiamare ai tuoi successori. Possa il tuo nome, più eloquente dei miei scritti, convincerli sulle verità che ora do alle stampe! Possano i giovani artisti prenderti sempre come modello come ho fatto io, e averti costantemente davanti agli occhi e nel loro cuore” [1].

Nella pagina di Liotard non è certo il paragone di maniera con l’antico pittore Apelle che colpisce, quanto la dedica “aux mânes”. Per esteso (Dis Manibus) o in forma abbreviata (D.M.), infatti, la dedica agli dèi Mani – seguìta dal nome del defunto – è frequentissima nelle iscrizioni funerarie di età romana; potremmo tradurre Manes con “ombre”, “spiriti”, “anime” (ma in una prospettiva del tutto pagana).
In anni prossimi al saggio di Liotard, troviamo dediche analoghe da parte di Jean-François de La Harpe (Aux mânes de Voltaire, dithyrambe, 1779) o di Jakob Heinrich Meister (Aux mânes de Diderot, 1788); il riutilizzo di questa formula antica avviene dunque in un contesto apertamente illuminista.
L’omaggio iniziale ad Antonio Allegri da parte di Liotard, si sviluppa e prende corpo in più passi del trattato. Il primo (pp. 18-19) è un confronto tra Raffaello e Correggio, che porta con sé il riferimento a un episodio tanto celebre, quanto leggendario: davanti a un quadro di Raffaello, il giovane Correggio avrebbe affermato “anch’io son pittore!”.

Più avanti (p. 24) Liotard apprezza Correggio per la capacità di rendere l’“harmonie”. Non può mancare (p. 27) la consueta celebrazione della bravura del pittore emiliano nella resa della grazia: “Les Grâces ont conduit le pinceau du Corrège dans la composition de presque tous ses ouvrages”.
Di nuovo (p. 42) Correggio e Raffaello vengono appaiati come esempi di finitura dei dipinti, in cui non si riescono a distinguere “les touches” (i tocchi), a differenza di quanto accade in Rubens, Rembrandt, Ribera. Liotard (pp. 44-45) ritorna sull’assenza di touches nell’“Antiope au Luxembourg et sur ceux de l’Amour endormí, qu’un Satyre considere, et de l’Amour qui prépare son arc. Ces deux derniers tableaux, qui font partie de la belle collection de M. le Duc d’Orléans, au Palais royal, n’ont-ils pas beaucoup de relief, de grâce, de force et de vie?”.
I quadri citati sono rispettivamente il cosiddetto Giove e Antiope oggi al Louvre (dipinto lodato anche a p. 70 per l’“harmonie”), e l’Amore che prepara l’arco di Vienna, oggi concordemente assegnato a Parmigianino, ma nel Settecento spesso riferito ad Antonio Allegri.

L’ultimo passo (p. 52) ripropone argomenti già osservati: “Le Corrège n’a ni facilité, ni liberté, ni touches, et cependant les partisans des touches disent qu’il est aussi bon coloriste que le Titien, et le Corrège est des tous le peintres celui qui a mis le plus de grâces dans ses ouvrages” [2].
Claudio Franzoni
- “Épître dédicatoire aux mânes du Corrège. Divin Corrège, Apelles moderne, ô mon maître! … si le souvenir d’un art qui te rendit immortel, t’est encore précieux, daigne agréer cet ouvrage … Il est à toi … tes chefs-d’œuvre inimitables m’ont fourni les véritables règles aux-quelles je rappelle tes successeurs. Puisse ton nom, plus éloquent que mes écrits, persuader les vérités que je publie! Puissent, comme moi, les jeunes artistes te prendre toujours pour modèle, et t’avoir sans cesse devant les yeux, et dans leur cœur!”.
- “Correggio non ha né facilità, né libertà, né ‘tocchi’, eppure i sostenitori dei ‘tocchi’ dicono che è un colorista bravo quanto Tiziano, e Correggio è tra tutti i pittori quello che ha messo più grazia nelle sue opere”.