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Parigi, Louvre:
Allegoria del vizio
Ca. 1531-1532, tempera su tela, cm 149 x 86.
La prima attestazione delle due allegorie della Virtù e del Vizio ora Parigi si trova nell’inventario dello Studiolo e della Grotta di Isabella d’Este, marchesa di Mantova, redatto alla sua morte (1542): “(…) dui quadri posti dal capo de la porta ne la intrata, di mano del già Antonio da Coregio, in uno dei quali è dipinto l’istoria di Apolo et Marsia, ne l’altro è tre Virtù, cioè, Fortezza, Giustitia et Temperantia, le quali insegnano ad un fanciullo misurare el tempo, a ciò possa essere coronato di lauro et acquistare la palma”.
Come dimostra l’inventario appena citato, il dipinto (e l’altro raffigurante l’Allegoria della Virtù) si trovava di fianco alla porta d’ingresso dello Studiolo di Isabella d’Este all’interno del Palazzo Ducale di Mantova, in Corte Vecchia; in questo spazio, per quanto di modeste dimensioni, la marchesa di Mantova aveva collocato anche quadri di Mantegna, Perugino e Lorenzo Costa.
Una figura maschile barbata, seduta al centro in modo scomposto, viene tormentata da tre figure: una ha in mano dei serpenti, un’altra lo disturba suonandogli da vicino una sorta di flauto, un’altra tenta di legargli una gamba a un ceppo. In primo piano un piccolo satiro sorride rivolgendosi allo spettatore.
La scena è stata oggetto negli ultimi decenni di diversi tentativi interpretativi, che tuttavia non smentiscono la lettura tradizionale del dipinto come ammonizione sui pericoli del vizio.